venerdì 9 marzo 2007

10 Marzo: Anniversario rivolta di Lhasa, Tibet

Il 10 marzo 1959 i tibetani, esasperati dai soprusi e dalle vessazioni subite ad opera dei cinesi, entrati in Tibet, un paese allora libero e indipendente, nel 1950, la popolazione di Lhasa insorse e il risentimento dei tibetani sfociò in un'aperta rivolta nazionale. Un imponente assembramento di popolo si riunì intorno al Norbulinka, il Palazzo d'Estate, dove si trovava il Dalai Lama. Di fronte alle evidenti mire colonialiste della Cina che brutalmente tacitava qualsiasi forma di resistenza, si accaniva sulla popolazione civile e, di fatto, esautorava lo stesso Dalai Lama da ogni potere, la gente chiese apertamente al governo di rifiutare ogni inutile compromesso con Pechino e, con grande determinazione, gridò ai cinesi di lasciare il Tibet. La parola d'ordine era "Libertà e Indipendenza".

Sono passati quarantotto anni e la situazione in Tibet non è cambiata. A fronte delle moderate richieste del Dalai Lama che dall'esilio chiede che al suo paese sia riconosciuta almeno una forma di reale autonomia in grado di consentire la sopravvivenza del patrimonio culturale tibetano, Pechino risponde con arroganza e infierisce sulla popolazione con disumani metodi repressivi sia fisici sia psicologici. Frustrati dalla mancanza di risultati concreti, un numero sempre maggiore di tibetani è deciso a mettere in gioco la propria vita perché il Tibet si possa salvare: come nel 1959, "Libertà e Indipendenza" sembra essere il grido che si leva dalle fila del popolo del Tibet.

Agli eroi sconosciuti d'allora (tra il marzo e l'ottobre del 1959 morirono oltre 87.000 tibetani) si aggiungono i nomi di quelli dei nostri giorni: uomini e donne coraggiosi che hanno affrontato il carcere, le torture e la morte per aver pacificamente chiesto la libertà del loro paese. Tra i tanti, ricordiamo l'artista Ngawang Choephel, la monaca Ngawang Sangdrol e le sue compagne di cella nella prigione di Drapchi, il venerabile lama Palden Gyatso, Tenzin Delek Rinpoche, Chadrel Rinpoche, fino ai due giovanissimi tibetani trucidati barbaramente dalla polizia di frontiera cinese il 30 settembre 2006, al Passo Nangpa, mentre cercavano la via dell'esilio. Ma l'elenco sarebbe lunghissimo. Assieme a loro, non possiamo dimenticare Gedhun Choekyi Nyima, l'XI Panchen Lama, rapito dai cinesi nel 1995, all'età di soli sei anni. Da allora non si sono più avute sue notizie.

Testo ripreso dal comunicato stampa dell'associazione Italia Tibet

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